4 OTTOBRE 2020
Ringrazio anzitutto Papa Francesco per avere concesso che Olinto Marella “sia d’ora in poi chiamato con il nome di beato”. Sentiamo la gioia e la responsabilità di seguire Cristo e di essere figli di questa Chiesa e della Chiesa di Bologna. Rinnoviamo la nostra obbedienza filiale a Papa Francesco, che presiede la comunione della famiglia di Dio, roveto ardente davanti al quale dobbiamo sempre tutti toglierci i sandali, da servire e di cui mai servirsi, da onorare perché nostra madre. La Chiesa come la nostra Basilica di San Petronio è sempre reformanda e ci richiede di rivestirla e completarla con la nostra santità. Ce lo insegna Padre Marella, che accettò la sua sospensione a divinis con giustificata amarezza, “in espiazione”, per avere modo “di purificare il mio spirito e di rendermi maggiormente degno di compiere
quell’apostolato per cui ogni purezza è scarsa, ogni volontà più ferrea è debole”. Scrisse al suo vescovo appena ricevette la comunicazione della sospensione: “Ritroveremo la nostra fraternità abbandonate le maschere che ce la nascondono e ci rendono l’un l’altro tanto feroci. Allora con tutti gli uomini di buona volontà – grandi e piccoli, sospetti o inquisitori – ci ritroveremo nella Carità di Cristo, da cui tradimenti o agonie, fame o angustie, avvilimenti o morte – sia questa organica o giuridica – non potranno mai separare alcuno”. Ecco, oggi contempliamo proprio i frutti di questa sua scelta di umiltà e di amore alla Chiesa, alla quale restò fedele rifiutando qualsiasi logica divisiva. Il suo è un esempio di come l’obbedienza e il servizio ricostruiscono la fraternità, proteggono da scandali che sempre la feriscono e la indeboliscono. Tutto sempre intorno a colui che presiede la comunione, il Vescovo di Roma.
[…]